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Coxless Crew: 4 donne e il Pacifico a remi, nessuno come loro

Nell’aprile 2015, il Coxless Crew, un equipaggio di quattro donne coraggiose, è partito per la traversata dell’Oceano Pacifico, dall’America all’Australia, in una barca a remi di 9 metri chiamata Doris.

Determinate a raccogliere fondi per le vittime del cancro al seno, la regista Sarah Moshman ha raccontato la loro impresa  da San Francisco a Cairns nel documentario Losing Sight Of Shore.

L’equipaggio era motivato dal desiderio di sensibilizzare e raccogliere 250.000 sterline a sostegno di due associazioni di beneficenza: la Breast Cancer Care e Walking With the Wounded.

“Ognuno ha il proprio Pacifico da attraversare. Questo progetto è incentrato sulla creazione di una consapevolezza per le donne che affrontano grandi sfide. Lo stiamo facendo per tutti. Non lo facciamo solo per noi stessi. Speriamo di ispirare altri.”

Mesi bloccati in uno spazio minuscolo nel bel mezzo di una vasta, interminabile distesa d’acqua. Con una bella vista ma separato dai tuoi cari per mesi, hai solo cibo liofilizzato e incolore e la giornata è scandita in modo ferreo: 2 ore ai remi e due di riposo, in tutte le possibili condizioni meteo che riserva l’Oceano Pacifico. E forse la cosa più difficile è che si tratta di una scelta volontaria.

Il percorso della Doris

È questa la scelta intrapresa da Natalia Cohen, Emma Mitchell, Laura Penhaul, Isabel Burnham, Lizanne Van Vuuren e Meg Dyos (le ultime due sono entrate a far parte dell’equipaggio nelle ultime due tappe) mentre remano per più di 8000 miglia da San Francisco a Cairns, in Australia. Non è stato infranto alcun record semplicemente perché nessuno lo aveva tentato in precedenza. Non sono “le prime donne ad aver fatto questo o quello”, lasciando intendere che qualche uomo le aveva precedute. No, sono le uniche persone ad aver raggiunto questo obiettivo.

“È giusto dire che con l’esaurimento fisico, la privazione del sonno e la mancanza di cibo fresco, siamo messi alla prova fino ai nostri limiti. “

Blog del Coxless Crew

Imprese simili spesso richiedono l’aiuto di una barca di supporto che segue ad una certa distanza la barca principale, qualora fosse necessaria assistenza immediata. Non questa volta. L’equipaggio può contare sull’aiuto dell’esperto di canottaggio Tony Humphreys ma solo per i mesi di preparazione precedenti alla traversata e durante le soste a terra per i rifornimenti di cibo e le necessarie riparazioni, alle Hawaii e Samoa. Mentre sono in mare, se qualcosa va storto, possono contare solo sulla loro forza fisica e soprattutto mentale.

La vita su Doris, il nome che è stato scelto per la loro casa galleggiante, ha un ritmo diverso rispetto a quello sulla terraferma. Dimentica di dormire per otto ore, le donne remano in squadre di due in turni di due ore; due ore ai remi, due ore per fare qualsiasi altra cosa abbia bisogno di fare, incluso dormire. Il microcosmo della Doris è il solo sopra la superficie dell’oceano nell’arco di migliaia di chilometri. Una dimensione estrema per il corpo e per la mente.

La forza mentale è la chiave di tutto

Sebbene sia indubbiamente fisicamente estenuante, il tema principale di questa spedizione, ben raccontato dal documentario, è l’importanza della forza mentale. Gran parte di ciò che devono affrontare, distruggerebbe lo spirito e annienterebbe le forze della maggioranza delle persone comuni. A causa del danneggiamento delle batterie di bordo, le quattro devono tornare indietro subito dopo l’inizio del loro viaggio (16 giorni); quando toccano nuovamente terra sono in realtà più lontane dalla loro destinazione rispetto a quando sono partite. C’è chi mollerebbe già adesso…

Le difficoltà non terminano qui. Uno dei membri dell’equipaggio viene a sapere della morte di suo zio malato di cancro tramite telefono satellitare, un’altra invece soffre di un terribile mal di mare, ma a causa delle frenetiche due ore, con due ore di pausa, non può fare altro che continuare a remare e vomitare fuoribordo. Per non parlare delle vesciche sulle mani di tutte le ragazze che ormai sono un segno distintivo della traversata.

Non si può mai attraversare l’oceano se non si ha il coraggio di perdere di vista la riva.

Essendo una barca a remi e senza motore, è soggetta ai capricci del vento e delle correnti. La distanza che coprono ogni giorno varia in modo imprevedibile; al loro meglio, guadagnano cinquanta miglia al giorno, ma nei loro giorni peggiori la cifra ha numeri negativi. Questo significa che pur remando tutto il giorno, a volte si ottiene solo un arretramento della loro posizione. Frustrante è dir poco, e ci vuole molta forza per non arrendersi. La durata della loro traversata era stata stimata in 6 mesi, in realtà ce ne sono voluti 9.

 

I numeri dell’impresa

“Ognuno ha il proprio Pacifico da attraversare” e dopo aver visto queste sei donne coraggiose combattere tutto ciò che la Natura ha frapposto al loro obiettivo, è difficile non sentirsi ispirati.