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Gli strumenti di navigazione degli antichi esploratori

Oggi è difficile immaginare di andare in zone che non conosciamo senza un GPS, un telefono collegato a internet o almeno una mappa dettagliata, ma i primi esploratori lo fecero senza attrezzature sofisticate mentre coraggiosamente si spingevano verso mari e terre inesplorate.

Sebbene le grandi esplorazioni del passato fossero quasi sempre sponsorizzate da chi era a caccia di nuove ricchezze e di nuove terre da conquistare, spesso in nome della religione, non tutti gli esploratori erano guidati da questi sentimenti. Quale che fossero le ragioni ed i sentimenti di questi coraggiosi pionieri, gli strumenti che adoperavano per raggiungere i loro obiettivi, anche se ai nostri occhi risultano primitivi, erano quanto di più avanzato la tecnica mettesse loro a disposizione.

“Ci sono cattivi esploratori che pensano che non ci siano terre dove approdare solo perché non riescono a vedere altro che mare attorno a sé.”
Francis Bacon

Stelle e Astrolabio

I Fenici furono grandi navigatori; il Mediterraneo era il loro mare eppure difficilmente perdevano di vista la costa. Quando avevano necessità di perdere ogni contatto visivo con la costa, si affidavano alla “stella fenicia“, ora nota come Stella Polare. L’astrolabio fu inventato più tardi, probabilmente dai Greci intorno al 200 aC, e inizialmente fu usato da astrologi e astronomi per stabilire la latitudine. Usare un astrolabio per fissare la posizione richiedeva una visione chiara dell’orizzonte e una mano ferma. Sfortunatamente, quando usato a bordo delle navi, il beccheggio provocato dal mare impediva letture senza sbavature, a meno di non essere molto esperti.

Bastone di Giacobbe

Sembra che questo dispositivo sia stato inventato dal Rabbino Levi ben Gershon (1288-1344), uno studioso ebreo che visse in Provenza, nel sud della Francia.
Gli astronomi usavano questo strumento per misurare l’angolo tra le direzioni di due stelle. Esistevano anche strumenti simili, più antichi, per questo scopo, usati da studiosi come Ipparco e Tolomeo, ma nessuno di essi era portatile, per cui invece il bastone di Giacobbe era soprattutto appropriato per la navigazione in mare. Gli ufficiali di marina lo usavano per misurare l’angolo di elevazione del Sole a mezzogiorno, che permetteva di valutare la loro latitudine. L’inconveniente di restare abbagliati dal Sole portò all’invenzione del quadrante di Davis, in cui l’osservazione veniva fatta rivolgendo le spalle al Sole, senza quindi doverlo guardare direttamente con l’occhio. Probabilmente fu usato anche da Cristoforo Colombo. Il nome “quadrante di Davis” è dovuto al Capitano John Davis, che nel 1594 perfezionò lo strumento portandolo alla sua forma definitiva. Questa forma è forse quella usata a bordo del “Mayflower”.

Bussole, nodi e clessidre

Per individuare il nord magnetico, i primi esploratori usavano una calamita, un frammento di roccia magnetica sospesa su un filo. Scoperta la capacità di queste rocce di magnetizzare altri metalli, si iniziarono ad usare degli aghi sottili, molto più sensibili. L’invenzione della bussola viene attribuita ai cinesi e fu introdotta in Europa nel XII secolo attraverso gli Arabi e gli amalfitani. La bussola indica i quattro punti cardinali e usa un ago magnetizzato per individuare il nord. Esploratori di terra e di mare iniziarono ad usare le bussole perché erano un mezzo abbastanza affidabile per trovare la direzione, tranne quando le masse terrestri interferivano con le proprietà magnetiche dell’ago. I navigatori dovevano sapere non solo la direzione in cui stavano andando, ma quanto erano veloci per poter capire dove si trovavano sulle loro mappe.

Anticamente la velocità veniva misurata lanciando un solcometro dalla poppa. Il solcometro era formato principalmente da una filo alla cui estremità era legato un travetto di legno, (per creare opposizione all’acqua), e lungo la quale erano stati fatti dei nodi posti ad una distanza fissa di circa 50 piedi e 7,6 pollici (15,433 m). Il calcolo veniva effettuato da due marinai posti a poppa dell’imbarcazione.

Un solcometro del Musée National de la Marine (Parigi).

Si doveva lanciare la sagoletta e contare quanti nodi attraversavano le sue dita, mentre un altro teneva il tempo usando una clessidra di 30 secondi. Dato che 15,433 m sono 1⁄120 di miglio marino, mentre 30 secondi sono 1⁄120 di ora, il conteggio dei nodi passati tra le dita del marinaio, in trenta secondi, corrispondeva alla velocità della nave.

Per misurare il tempo si usava la clessidra. Utilizzata già dagli antichi egizi, si diffuse intorno al 10 ° secolo dC. Le clessidre erano spesso riempite con gusci di molluschi polverizzati, polvere di marmo o semplice sabbia. Misuravano diversi incrementi di tempo, di solito un’ora, ma vi erano clessidre specifiche per temporizzare diverse attività, in mare e non solo.

Il Quadrante

Quadrante del 1735. L’iscrizione è una massima araba:”Possa il possessore vivere così a lungo quante sono le stelle nell’universo”

Il quadrante era un cuneo a quarto di cerchio di legno o metallo con una scala di 0-90 gradi marcata lungo il bordo esterno. Un filo a piombo pendeva dalla punta del quadrante; il navigatore o l’astronomo guardava attraverso un piccolo foro al centro, puntando il sole o una stella, a quel punto si leggeva il grado indicato dal filo. Se vogliamo provare a misurare la latitudine della nostra città dobbiamo prendere il quadrante e misurare l’altezza della Stella Polare dall’orizzonte che è identica alla distanza tra l’equatore e la posizione dell’osservatore; quello che leggeremo sarà anche la latitudine del luogo.

Quando la prossima volta userete un GPS o una mappa online, immaginate per un attimo come si sentivano i primi esploratori, solcando mari sconosciuti e terre mai viste prima. Chissà che qualche volta non venga anche a voi la voglia di spegnere i vostri dispositivi e vivere il fascino dell’ignoto!