Ora che la le misure più restrittive sono state superate, lasciare luoghi affollati per immergersi nella natura resta il modo migliore per tutelare spirito e corpo.
La diffidenza verso i luoghi affollati potrebbe far nascere nuove abitudini in chi, finora, non ha mai considerato la natura se non come una meta per i limitati periodi di vacanza. Eppure i vantaggi di gite ed escursioni nella natura sono ben documenti, oltre ad essere esperienza tangibile per molti genitori: creatività, sviluppo fisico e umore dei bambini che trascorrono del tempo all’aperto, sono nettamente migliori.
In un editoriale pubblicato su Scientific American, Laurence Smith scrive che il coronavirus sta costringendo le persone a rivalutare gli spazi esterni per la prima volta dopo decenni. “l’interesse dell’umanità per la vita all’aperto ha raggiunto il picco negli anni ’80 e nei primi anni ’90, e da allora è in costante calo”, scrive – gli spazi naturali tornano ad avere il rispetto e l’attenzione che meritano perché iniziamo a capire quanto siano importanti. La prova di quanto sia benefica la natura rispetto a luoghi fortemente antropizzati come le città è scientifica.
“Uno studio dell’Università del Michigan ha rilevato che una passeggiata di 50 minuti attraverso il parco di Ann Arbor ripristina in modo sensibile le capacità cognitive, mentre una passeggiata attraverso il vivace centro della città le degrada. Questi miglioramenti nelle funzioni cerebrali sono stati osservati indipendentemente dell’umore di una persona, delle condizioni meteorologiche o altri fattori esterni. È importante sottolineare che la sola tranquillità (come sedersi in una stanza silenziosa) non può riprodurre il beneficio cognitivo osservato. “
Nella tragedia, opportunità per una migliore “normalità”
Idealmente, questa esperienza di pandemia porterà i pianificatori nelle aree urbane a riprogettare spazi verdi più naturali, ora che ci stiamo rendendo conto di quanto ne abbiamo davvero bisogno. Smith sottolinea che il 90 percento delle città del mondo (dove vive più della metà della popolazione mondiale) sono state costruite vicino ai fiumi, zone che ora sono state abbandonate o riservate all’industria. Queste zone potrebbero essere convertite e reinventate per far tornare la natura in città, parchi e ambienti tranquilli dove poter trascorre del tempo all’aria aperta.
Piste ciclabili e mobilità ecologica insieme ad uno stile di vita che limiti gli spostamenti inutili (lo smart working è una realtà che non si può più ignorare ma che anzi, va incentivata anche dopo aver superato la pandemia), sono altri importanti fronti su cui lavorare per poter tornare ad una “normalità” più attenta alla qualità della vita, della salute dell’uomo e del pianeta.
Marc Berman, psicologo dell’Università di Chicago, ha dichiarato: “La nostra ricerca ha scoperto che la natura non è un servizio, è una necessità”. Le persone, e in particolare i bambini, non devono vivere al chiuso, e chissà che questa pandemia non faccia riscoprire e mantenere nuove e più sane abitudini, un’opportunità per far cambiare priorità e investimenti anche da parte dei governi.